Il Martyrologium Hieronymianum riporta il giorno (ma non l'anno) della morte e attesta la devozione al santo in varie località dell'Africa. La Passio (narrazione del processo e della morte), preservata in vari manoscritti medievali, data il martirio con precisione al 2 novembre (festeggiato il giorno 3 in concomitanza con il giorno della commemorazione dei defunti) ma per quanto riguarda l'anno i dati non sono né univoci né coerenti. L'ipotesi più probabile è che il martirio sia avvenuto nel 303, durante l'ultima persecuzione di Diocleziano e Massimiano. Giusto, noto a Trieste per le sue opere ed elemosine, fu denunciato di empietà (sacrilegium) da alcuni suoi concittadini. Secondo la legge romana il giudice doveva verificare di persona l'accusa. Perciò Giusto fu convocato nello studio privato (consistorium) del magistrato ed invitato a sacrificare agli dèi romani - invito cui egli oppose un fermo rifiuto. Nella scrupolosa osservanza delle procedure, il magistrato Manazio mandò Giusto in carcere per una pausa di riflessione. Il giorno seguente Giusto, nuovamente esortato a sacrificare, rifiutò; venne quindi fustigato e - poiché persisteva nel suo rifiuto - condannato alla morte per annegamento. La tradizione triestina conservò memoria del luogo del martirio: le acque del golfo di Trieste al largo dell'odierno promontorio di Sant'Andrea. Il corpo di Giusto, inspiegabilmente sciolto dalle corde e dai pesi di cui era stato gravato, fu portato dalle onde sull'odierna Riva Grumula. Premonito da un sogno, il sacerdote (presbitero) Sebastiano avvertì altri fedeli ed insieme essi cercarono il cadavere. Trovatolo sulla spiaggia, lo seppellirono in luogo nascosto poco distante dal mare.
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